Descrizione
"Il giorno di giovedì 30 marzo, tra le molte ed importanti concessioni che i Chiaravallesi hanno ottenuto dalla generosità degli Eccel.mi Nuovi Acquirenti i Beni del già Appannaggio Signori Principi D. Giulio Cesare Rospigliosi Pallavicini e D. Mari Antonio Borghese, Commendatore Agostino Feoli ed avvocato Eremio De Dominicis Romani, si annovera con piacere e con la più espansiva riconoscenza quella della destinazione di un locale per erigervi un teatro Stabile, di cui finora non ha potuto mai godere la Terra di Chiaravalle”.
Interpretava così, a quanto pare, il sentimento dei cittadini, che già da tempo avevano manifestato questo desiderio. Per la prima volta nel 1817, poi nel 1822, ma i tentativi non si tradussero mai in realtà. Fu solo con il benemerito Priore della città Vincenzo Tanfani, che il tentativo riuscì a concretizzarsi.
E la travagliata storia del Teatro di Chiaravalle comincia qui. Ma da dove nasce questa esigenza degli abitanti di avere un teatro? Le origini di Chiaravalle, il nome è già eloquente di per se, intorno all’antica “badia” benedettina prima, cistercense poi, sono ben note a tutti.
Ma a dare il via a un’impronta ben definita allo sviluppo urbano fu la prima coltivazione del tabacco e la conseguente edificazione (1808) della Manifattura per la sua lavorazione. Il forte afflusso di manodopera, soprattutto femminile, proveniente dai paesi limitrofi, determinò una forte crescita demografica con un’altrettanto notevole espansione edilizia, che perdurarono per tutto il XIX secolo.
È questo, infatti, il periodo in cui avviene il decollo economico, caratterizzato dal formarsi di nuovi capitali, dall’emergere di nuove classi sociali che si impegnano nel settore finanziario, determinando le prime forme di imprese nel credito.
A Chiaravalle è emblematica la creazione del monopolio governativo sulla manifattura del tabacco. Insomma, nasceva anche qui la borghesia, la nuova classe emergente che attraverso l’attività economica e commerciale e le sue forze intellettuali, conquistava progressivamente le leve del potere, stimolata dalle idee giacobine ed un generale rinnovamento culturale, nonostante pesasse sulle Marche il “vischioso immobilismo” dello Stato Pontificio.
È su questo terreno che si innesta il desiderio di avere un Teatro Stabile. La borghesia laica e illuminata concepisce in modo diverso l’uso del tempo libero e avverte il bisogno di spazi per le attività ricreative e per lo spettacolo.
Ben presto, poi, agli inizi del 900, arriva il cinematografo ad offuscare, con la sua concorrenza, l’immagine del teatro, al quale non valse neanche la dotazione dell’illuminazione elettrica (1901). Durante il Fascismo si aggiunsero altre due forme di spettacolo: gli incontri di pugilato e gli anniversari della marcia su Roma.
Ma il 17 gennaio 1944 le bombe degli Alleati danneggiarono irreparabilmente tutta la facciata del teatro, rendendolo inagibile. Da questo momento la struttura perde definitivamente la sua connotazione: gli alleati asportarono tutte le porte decorate dei palchetti e il tavolato del solaio, la facciata d’ingresso e l’atrio furono completamente rifatti, la piccola galleria a lato sulla piazzetta eliminata, cancellando così ogni traccia dell’originario edificio ottocentesco.
Snaturata definitivamente l’istituzione teatrale, alcuni locali furono occupati dalla sezione AVIS, altri dagli uffici comunali, finchè nel 1950, terminati i lavori di ristrutturazione, il glorioso teatro non era ormai che un “irriconoscibile e mutilato edificio pluriuso”, tra le cui tante funzioni c’era anche quella di cinematografo. I lavori di restauro dell’apparato decorativo del Teatro Comunale sono stati iniziati alla fine di settembre ‘96 ed ultimati agli inizi del mese di giugno ‘97.
Grazie alla disponibilità e tempestività della Direzione dei lavori è stata possibile, malgrado situazioni impreviste e maggiorazioni dei lavori, la realizzazione del complesso e difficile intervento di restauro nei tempi previsti.
L’intervento ha raggiunto pienamente l’obiettivo di ripristinare tutte le decorazioni originarie secondo le regole d’arte ed ha ottenuto l’effetto estetico a prova d’autore, in questo caso ignoto, ma senz’altro validissimo. Le decorazioni risplendono di nuovo nella volta con i fittissimi ornamenti e le seducenti scene mitologiche raffiguranti “Leda con il cigno”, “Danae”, “Centauro e la ninfa” e “Selene con Endimione dormiente” e nel boccascena con l’affascinante scena centrale raffigurante “Due personaggi femminili in abiti da sera”.
La ricchezza dei dipinti in volta contrasta, per volontà dell’autore, dalle contenute ma eleganti decorazioni dei parapetti dei palchi e mostra il perfetto eclettismo ottocentesco che può vantarsi di nuovo delle sue eleganti e raffinate cromie, intonate armoniosamente nel loro insieme, non cedendo il campo agli altri teatri marchigiani più famosi nella sfilata delle bellezze ritrovate.
Il teatro di Chiaravalle riapre i battenti il 25 ottobre 1997.
Modalità d'accesso
Accesso libero.
Indirizzo
Orario per il pubblico
Variabili in base allo spettacolo.
Punti di contatto
Ulteriori Informazioni
Costo: variabile in base allo spettacolo.
Struttura del Teatro "Tullio Giacconi":
Nelle Marche, culla del melodramma, come nel resto d’Italia, nascono Teatri quasi in ogni paese e città.
Al Teatro di Chiaravalle fu concessa una sede prestigiosa: il lotto dove sarebbe stato edificato, e dove tuttora si trova, occupa il cuore della città, con la fronte sulla via principale, la Clementina, corrispondente all’attuale corso Matteotti, e il retro sulla piazza Eugenia, oggi piazza Garibaldi.
Chi fu a realizzare il progetto del Teatro non ci è dato saperlo, con certezza si sa solo dell’intervento dell’architetto Cesare Boccolini, chiamato a dare pareri tecnici sulla possibilità di costruire un teatro ristrutturando alcuni edifici. La tipologia della pianta rispecchia quella tradizionale a ferro di cavallo, codificata nel 1732 dall’architetto Theodoli nel teatro Argentina a Roma.
L’atrio di ingresso, con il caffè e il circolo cittadino, fu allineato al fronte sulla via Clementina, cosicchè la sala teatrale si dovette incassare, in una “forzata formatura sguinciata”, verso la piazza Eugenia. L’esterno, in mattone a vista, non lo faceva distinguere particolarmente dagli altri edifici.
Il cornicione, interamente in cotto, indica il particolare impegno economico della struttura. La copertura del tetto, a doppia falda, in coppi su capriate lignee, era più o meno allineata longitudinalmente alla sala interna. La platea, con il pavimento di assi di legno come il palcoscenico, poteva essere alzata per ampliarne la superficie in occasione delle feste danzanti.
Da qui partivano tre ordini di palchetti (in mattoni, come le scale e i pavimenti, forse per paura degli incendi). Il soffitto, sospeso tramite tiranti alle strutture del tetto, di forma concava, era intonacato, stuccato e decorato da artisti che operano anche in altre località della provincia e presenta uno stile che riflette il tipico eclettismo ottocentesco di molti teatri marchigiani e romagnoli.
Un lampadario centrale a saliscendi, che scompariva nel soffitto, garantiva l’illuminazione: l’”arganello” e alcune macchine sceniche sono ancora miracolosamente conservate nel sottotetto. Ma se la borghesia vedeva nel teatro uno “strumento di rinascita e riscatto morale e culturale”, non era così per la Chiesa, che mandava persino i suoi “delegati apostolici”agli spettacoli per controllarne la “moralità” e la “decenza”.
A Chiaravalle la presenza del teatro non diede mai una vera impronta culturale alla vita sociale cittadina. Soprattutto conferenze, veglioni, varietà e qualche rara rappresentazione di opere liriche, ma sempre con compagnie locali, o al massimo regionali, costituivano la sua attività.
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2025, 10:38